<p style="text-align: center;"><span style="font-size:24px;"><strong><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">&laquo;&nbsp;S&rsquo;io veggio &rsquo;l sasso, penso a la sua doglia&nbsp;&raquo;</span></strong></span></p> <p style="text-align: center;"><span style="font-size:24px;"><strong><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><em>&Egrave;kphrasis</em>&nbsp;e dispiegamento emotivo nella trattatistica d&rsquo;arte del Cinquecento</span></strong></span></p> <p><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Elena Paroli<a href="#_ftn1" name="_ftnref1" title=""><span style="color:#000099;">[1]</span></a></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">La macro-questione del&nbsp;<em>parallelo delle arti&nbsp;</em>&egrave; stata senza dubbio un motore di sviluppo maggiore tanto per le lettere quanto per le arti figurative, il cui confronto, bench&eacute; presente sin dall&rsquo;Antichit&agrave; (Zanker, 2003, p. 59-62), ha assunto in epoca rinascimentale una particolare rilevanza di natura spiccatamente agonistica (Kristeller, 1998, p. 179-244). Attuando una colpevole schematizzazione si potrebbe affermare che il primo Rinascimento si &egrave; maggiormente contraddistinto per il tentativo, da parte della pittura, di rivendicare il suo statuto di arte liberale attraverso un&rsquo;opera di intellettualizzazione delle arti figurative: se Alberti ha sottolineato come la&nbsp;<em>compositio</em>&nbsp;delle figure dipinte sia parallela alla costruzione di un discorso<a href="#_ftn2" name="_ftnref2" title=""><span style="color:#000099;">[2]</span></a>, Leonardo, portando la questione alla sua acme, ha tentato di affidare alla forma fissa della pittura ci&ograve; che vi &egrave; di pi&ugrave; effimero e transeunte in seno al reale: il moto universale (Laurenza, 2006, p. 235-241). Il Rinascimento pi&ugrave; tardo ha invece visto l&rsquo;insorgere del fenomeno opposto: la diffusione senza precedenti di trattati, dialoghi e dibattiti epistolari sull&rsquo;arte (Motolese, 2012, p. 111-112) ha posto in primo piano un&rsquo;ampia e proteiforme riflessione sui limiti e sulle possibilit&agrave; rappresentative della letteratura, chiamata a ricostruire sulla pagina la vivezza dell&rsquo;immagine dipinta<a href="#_ftn3" name="_ftnref3" title=""><span style="color:#000099;">[3]</span></a>. E proprio la questione dell&rsquo;<em>enargheia</em>, la forza visiva che la parola pu&ograve; trasmettere (Manieri, 1998), assume in epoca rinascimentale un tratto specifico: contrariamente a quanto accadeva nella retorica antica, ove il genere ecfrastico rinviava alla minuziosa descrizione di svariate forme del reale (Webb, 1999, p. 7-18), nel corso del Cinquecento l&rsquo;<em>&egrave;kphrasis</em>&nbsp;si focalizza in larga misura su un serrato parallelo con la pittura, a sua volta considerata come la sola fedele e vivente<a href="#_ftn4" name="_ftnref4" title=""><span style="color:#000099;">[4]</span></a>imitazione del reale. Il fatto che la rappresentazione pittorica superi, nei commenti dei contemporanei, la realt&agrave; stessa<a href="#_ftn5" name="_ftnref5" title=""><span style="color:#000099;">[5]</span></a>implica una sfida particolarmente ardua per la letteratura poich&eacute; incuneata nella sua capacit&agrave; a rendere visibile il mondo fenomenico; un limite ben presente nei dibattiti dell&rsquo;epoca, giacch&eacute; la poesia era definita, con una formula che &egrave; nel Cinquecento ormai luogo comune, &laquo;&nbsp;una pittura cieca&nbsp;&raquo;<a href="#_ftn6" name="_ftnref6" title=""><span style="color:#000099;">[6]</span></a>.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Nelle riflessioni che seguono vorremmo analizzare alcune espressioni del genere ecfrastico che costituiscono un ampliamento rispetto agli argomenti tradizionalmente convocati all&rsquo;interno della pura forma agonistica del&nbsp;<em>paragone</em>; altrimenti detto, queste&nbsp;ekphr&aacute;seis&nbsp;non si pongono pi&ugrave; come obbiettivo il solo superamento della vividezza dell&rsquo;immagine dipinta, ma scelgono una via certo pi&ugrave; consona alla parola, quella dell&rsquo;<em>interpretazione&nbsp;</em>dell&rsquo;opera d&rsquo;arte. In particolar modo ad interessarci sono una serie di&nbsp;<em>ekphr&aacute;seis</em>&nbsp;che pongono l&rsquo;accento sull&rsquo;interiorit&agrave; delle figure dipinte, ove la descrizione non &egrave; pi&ugrave; ancella della pittura ma strumento che fa dire all&rsquo;immagine ci&ograve; che essa da sola non dice. E non solo: bench&eacute; i teorici della pittura del primo rinascimento abbiano insistito sulla necessit&agrave; della precisione nella resa dei&nbsp;<em>moti dell&rsquo;animo</em>&nbsp;(vero e proprio legame emozionale che deve unire opera e spettatore)<a href="#_ftn7" name="_ftnref7" title=""><span style="color:#000099;">[7]</span></a>, la scrittura ecfrastica amplifica tale aspetto attraverso il ruolo preponderante dato all&rsquo;Io narrante, in quanto in gioco non vi &egrave; pi&ugrave; solo la narrazione relativa all&rsquo;oggettiva forma dei soggetti dipinti, ma anche &ndash; se non soprattutto &ndash; l&rsquo;emozione soggettiva che il letterato-spettatore percepisce alla vista di quelle figure. Un approccio di questo tipo, in cui la dimensione umana insita nell&rsquo;opera si fonde con il mondo interiore di chi la osserva, &egrave; uno dei frutti di quella che Batkin definisce l&rsquo;&laquo;&nbsp;idea di individualit&agrave;&nbsp;&raquo; nel Rinascimento, in cui la retorica del discorso diventa &laquo;&nbsp;l&rsquo;elemento di un &ldquo;Io&rdquo; prima sconosciuto&nbsp;&raquo; (Batkin, 1992, p. 42). Proprio per questa ragione esaminare l&rsquo;attenzione che le&nbsp;<em>ekphr&aacute;seis</em>&nbsp;riservano al moto interiore delle immagini dipinte pu&ograve; permetterci di cogliere, almeno in parte, alcuni caratteri precipui dell&rsquo;epoca, la sua &laquo;&nbsp;struttura della visione&nbsp;&raquo; (Alpers, 1984).</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Un&rsquo;importante testimonianza della correlazione fra espressione dell&rsquo;interiorit&agrave; e scrittura &egrave; data dal dialogo&nbsp;<em>Il Figino, overo del fine della pittura</em>&nbsp;in cui l&rsquo;autore, Gregorio Comanini, dovendo discettare di chi ami &laquo;&nbsp;pi&ugrave; teneramente&nbsp;&raquo; le proprie invenzioni, se il poeta o il pittore, vi afferma senza esitazione:</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Il poeta, stimo io, come quelli che fabbrica la materia e la forma del suo poema: la materia, che &egrave; la favola, e la forma, che &egrave; l&rsquo;ornamento e &lsquo;l vestimento de&rsquo; suoi concetti [&hellip;]; quando il pittore, avendo la materia delle sue immagini dalla natura, cio&egrave; i colori [&hellip;] altro non fa che introdurre la forma nella materia e vestirla: onde il pittore produce una sola parte della sua opera,&nbsp;<em>e &lsquo;l poeta il tutto</em>. Perch&eacute; dunque tutto quello che si ritrova nelle imitazioni poetiche &egrave; del poeta, ma non tutto quello che si ritrova nelle imitazioni della pittura &egrave; del pittore, nasce che l&rsquo;uno sia pi&ugrave;<em>&nbsp;tenero amatore delle sue immagini</em>, che l&rsquo;altro non &egrave;. (Comanini, [1591], in Barocchi, tomo I, 1971, p. 402-403. Corsivi nostri).</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Il profondo legame che il poeta ha con la propria opera deriva dal fatto che quest&rsquo;ultima sia il frutto di una totale emanazione della sua intelligenza. Altrimenti detto, ogni singolo elemento del testo poetico &egrave; di volta in volta creato dall&rsquo;ingegno dell&rsquo;autore, che nulla trova di &ldquo;prefabbricato&rdquo; in natura, a differenza di quanto accade ai pittori<a href="#_ftn8" name="_ftnref8" title=""><span style="color:#000099;">[8]</span></a>. Ed &egrave; sempre basandosi su questa distinzione fra invenzione&nbsp;<em>ex nihilo</em>&nbsp;ed elaborazione di una materia gi&agrave; esistente che, nello stesso dialogo, il Comanini insiste sulla presenza di due forme imitative, ove la seconda &egrave; superiore alla prima: quella icastica (appannaggio della pittura e dedicata alla mera riproduzione del vero reale) e quella fantastica, prodotto dell&rsquo;immaginazione dello scrivente che mescola, in conformit&agrave; con il suo sentire, realt&agrave; e immaginazione. Una simile concezione dell&rsquo;atto poetico, considerato come suprema forma di espressione in quanto manifestazione della soggettivit&agrave; dell&rsquo;autore, inizia a diffondersi proprio a met&agrave; Cinquecento, ovvero nel momento in cui la teoria imitativa di Aristotele, fondata principalmente <em>sulla&nbsp;mimesi</em>&nbsp;delle azioni esteriori, viene progressivamente messa in discussione in favore di un&rsquo;imitazione dell&rsquo;interiorit&agrave; del narratore, sia essa espressa in prima persona o attraverso le voci dei suoi personaggi (Mazzoni, 2005, p. 110 e sgg.). A ci&ograve; si aggiungono i rigidi orientamenti post-tridentini che stavano prendendo forma in quegli stessi anni: se l&rsquo;immagine deve nuovamente avere una funzione essenzialmente didascalica, l&rsquo;inventivit&agrave; del pittore ne esce giocoforza ridotta, in quanto la pittura &egrave; relegata a&nbsp;<em>dimostrazione&nbsp;e&nbsp;esemplificazione</em>&nbsp;di ci&ograve; che &egrave; trasmesso nelle Scritture<a href="#_ftn9" name="_ftnref9" title=""><span style="color:#000099;">[9]</span></a>. Allo stesso tempo, proprio il Concilio di Trento sar&agrave; alla base della centralit&agrave; data, attraverso la parola, all&rsquo;interpretazione emotiva dell&rsquo;opera d&rsquo;arte: la commozione provata dai poeti alla vista dell&rsquo;effigie della Vergine e di qualsivoglia episodio biblico portava infatti al suo massimo grado la sopradetta &ldquo;funzione pedagogica&rdquo; che le immagini dovevano d&rsquo;ora in avanti possedere. In questo senso, il rapporto fra la&nbsp;descrizione delle opere d&rsquo;arte&nbsp;e l&rsquo;empatia deve essere inteso anche, se non soprattutto, quale risultato di un determinato contesto storico e politico.&nbsp;&nbsp;</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Il concatenarsi di questi diversi fattori &egrave; dunque alla base, come abbiamo poco sopra ricordato, della particolare direzione assunta dal genere ecfrastico, che non imita l&rsquo;imitazione pittorica<a href="#_ftn10" name="_ftnref10" title=""><span style="color:#000099;">[10]</span></a>&nbsp;ma, letteralmente, la magnifica attraverso la duplice attenzione per l&rsquo;emotivit&agrave; delle figure rappresentate e dell&rsquo;osservatore narrante. Se analizziamo, ad esempio, le&nbsp;<em>Stanze sopra le Statue di Laocoonte, di Venere e d&rsquo;Apollo</em>&nbsp;(1539) del poeta ascolano Aurelio Morani (1485-1554 c.), possiamo notare come la descrizione del gruppo scultoreo<a href="#_ftn11" name="_ftnref11" title=""><span style="color:#000099;">[11]</span></a>&nbsp;sia l&rsquo;occasione per esprimere al contempo la sofferenza del sacerdote troiano (la cui passione, seguendo un&nbsp;topos&nbsp;della trattatistica d&#39;arte, viene trasformata dalla scrittura in parola dolorosa<a href="#_ftn12" name="_ftnref12" title=""><span style="color:#000099;">[12]</span></a>) e quella dell&rsquo;autore stesso, siglata dall&rsquo;uso della prima persona:&nbsp;</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">S&rsquo;io veggio &rsquo;l sasso, penso a la sua doglia;</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">E pensando a la doglia, penso al sasso;</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Poi l&rsquo;un con l&rsquo;altro di pensier mi spoglio,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">S&igrave; ch&rsquo;in altrui giudizio ambidue lasso,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Perch&eacute; veder non so come scioglia</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">L&rsquo;alma l&rsquo;intenso duol dal corpo lasso</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">O, se pur alma in sasso non si trova,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Come tanto martir sopra gli piova.<a href="#_ftn13" name="_ftnref13" title=""><span style="color:#000099;">[13]</span></a></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Il dispiegamento sentimentale dell&rsquo;opera &egrave; dato dalla rifrazione di piani che l&rsquo;<em>&egrave;kphrasis</em>&nbsp;crea: il lettore del Morani si trova infatti di fronte alla narrazione del dolore che il dolore di una rappresentazione artistica instilla in chi la osserva. Si noti la finezza del pensiero poetico che si fa, alla vista della pietra dolente, esso stesso macigno da portare, risolto nella rima&nbsp;<em>sasso/lasso</em><a href="#_ftn14" name="_ftnref14" title=""><span style="color:#000099;">[14]</span></a>. Si noti altres&igrave; come&nbsp;<em>lasso</em>&nbsp;sia utilizzato in funzione ambivalente, verbale e aggettivale: l&rsquo;anima, essendo incapace di rimediare al dolore del corpo sfinito e sofferente (<em>lasso</em>), porta il poeta a rinunciare (io <em>lasso</em>) ad una riflessione a tal punto sofferta. Di conseguenza, l&rsquo;opera d&rsquo;arte non si limita a rappresentare il patimento, ma se ne fa sua stessa incarnazione, in un cortocircuito in cui la sola vista del&nbsp;<em>sasso</em>&nbsp;evoca la&nbsp;<em>doglia</em>, e viceversa. Ci&ograve; che rende poi i versi del Morani degni di nota, &egrave; il ritmo del pensiero nel suo sviluppo: l&rsquo;emotivit&agrave; dell&rsquo;autore non &egrave; statica, immobilizzata dalla pena, ma c&ograve;lta in una progressione dinamica; in prima istanza, il poeta evoca il sopradetto&nbsp;&nbsp;cortocircuito, a seguito del quale decide di abbandonare il pensiero del&nbsp;<em>Laocoonte&nbsp;</em>(delegato &laquo;&nbsp;in altrui giudizio&nbsp;&raquo;), salvo poi ritornarvi prontamente nei quattro versi finali, in cui non riesce a trovare risposta rispetto alla risoluzione della sofferenza&nbsp;piovutasulla pietra e offerta alla sua vista. La mobilit&agrave; dell&rsquo;animo, sia essa manifestata dalla figura rappresentata o dal suo osservatore, &egrave; un altro carattere precipuo facente dell&rsquo;<em>&egrave;kphrasis</em>&nbsp;un accrescimento emotivo. I teorici del Cinquecento sembrano d&rsquo;altronde profondamente persuasi dall&rsquo;idea che il continuo scandaglio dell&rsquo;umano sentire sia terreno privilegiato della sola letteratura: nonostante le sopracitate riflessioni dell&rsquo;Alberti e di Leonardo sull&rsquo;importanza della resa dei moti dell&rsquo;animo in pittura, larga parte della trattatistica d&rsquo;arte successiva, di nuovo impegnata nel&nbsp;<em>paragone delle arti</em>, ritorna sul vecchio adagio secondo cui la pittura si dedicherebbe maggiormente alla riproduzione della forma esterna degli esseri umani, mentre quella dei moti interiori &egrave; lasciata alla poesia.<a href="#_ftn15" name="_ftnref15" title=""><span style="color:#000099;">[15]</span></a>&nbsp;Non a caso numerose sono le&nbsp;<em>ekphr&aacute;seis</em>&nbsp;in cui la resa verbale della potenza visiva dell&rsquo;immagine lascia il posto alla minuziosa descrizione dell&rsquo;invisibilit&agrave; dello stato d&rsquo;animo del personaggio rappresentato, con una particolare attenzione, come ci ha mostrato il Morani, proprio per l&rsquo;idea di&nbsp;<em>movimento</em>, di progressione emotiva e finanche di contraddizione rispetto ai sentimenti che la figura esprime.<a href="#_ftn16" name="_ftnref16" title=""><span style="color:#000099;">[16</span>]</a></span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Alla contemporaneit&agrave; di stati d&rsquo;animo opposti si rif&agrave; anche il sonetto tassiano&nbsp;<em>Sopra il ritratto di San Giovanni Battista</em>, facente parte delle&nbsp;<em>Rime sacre</em>: si tratterebbe, secondo l&rsquo;ipotesi formulata recentemente da Morando (Morando, 2016, p. 19-36), di quelle che Hollander definisce &laquo;&nbsp;notional ekphrasis&nbsp;&raquo; (Hollander, 1988, p. 209-219), ovvero di una descrizione di opere d&rsquo;arte non esistenti nella realt&agrave;. Il dato non ci allontana dal nostro proposito, ma anzi lo rafforza, nella misura in cui il fatto di assistere, nel tardo Cinquecento, tanto a delle descrizioni immaginarie che a delle pitture &laquo;&nbsp;di ricostruzione&nbsp;&raquo;<a href="#_ftn17" name="_ftnref17" title=""><span style="color:#000099;">[17]</span></a>&nbsp;altro non &egrave; che un segno ulteriore della molteplicit&agrave; e variet&agrave; di rapporti che si instaurano fra poesia e pittura nel prolungarsi del dibattito sul&nbsp;<em>paragone delle arti</em>. A questo proposito, il dipinto probabilmente immaginato da Tasso costituisce un esempio notevole di come la parola cerchi di portare la sua attenzione su ci&ograve; che sarebbe difficilmente esprimibile in pittura, ovvero la dimensione limbica e proteiforme del&nbsp;<em>San Giovanni</em>:</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Eccovi il don de l&rsquo;onorata testa</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">di lagrime s&igrave; degno e di sospiri,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">ecco la faccia scolorita e mesta,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">in cui viva &egrave; la morte e par che spiri.</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Ecco per bene oprar gli aspri martiri:</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">muta &egrave; la bocca gi&agrave; sonora, e &lsquo;n questa</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">vita mortale anco richiama e desta</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">l&rsquo;alta sua voce a gli stellanti giri.</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">E &lsquo;n gran deserto pur rimbomba, e intanto</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">l&rsquo;Agnel di Dio vi mostra: udite il suono,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">che nulla dopo morte al mondo estingue.</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Ma fredda lingua accende ardenti lingue:</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">o di mano empia gi&agrave; spietato dono,</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">o spettacol crudel, ma sacro e santo</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">(Tasso, 1994, p. 1901-1902).</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Il rapporto complesso ed evolutivo che il Tasso intrattiene con la religione ci impedisce di ridurre il testo ad una messa in rilievo post-tridentina del dogma della risurrezione della carne (Ardissino, 2003, p. 612-613). Piuttosto, come annota Flora, &egrave; la &laquo;&nbsp;profondit&agrave; degli opposti sentimenti che chiedono di farsi luce in una raggiunta armonia&nbsp;&raquo; a suggerire, nel Tasso, &laquo;&nbsp;una maniera intimamente religiosa di sentire la realt&agrave;&nbsp;&raquo; (Flora, 1976, p. 370). Per questa ragione il sonetto deve essere inteso innanzitutto dal punto di vista letterario, della concezione che il Tasso ha della letteratura come luogo di composizione &laquo;&nbsp;de&rsquo; contrari&nbsp;&raquo;<a href="#_ftn18" name="_ftnref18" title=""><span style="color:#000099;">[18]</span></a>. Il ritratto del San Giovanni &egrave; cos&igrave; l&rsquo;emblema di una fine sul punto della rinascita, in cui &egrave; la morte &egrave; cos&igrave; viva da parere sul punto di &laquo;&nbsp;spirare&nbsp;&raquo; (<em>respirare</em>) poich&eacute; tramite per la vita eterna. Allo stesso modo, la voce castrata del Santo (la &laquo;&nbsp;fredda lingua&nbsp;&raquo;) si sta tramutando, sotto gli occhi dello spettatore-narratore, in parola universale del senso del martirio e della resurrezione (&laquo;&nbsp;[&hellip;] udite il suono, / che nulla dopo morte al mondo estingue&nbsp;&raquo;). A ben osservare il testo possiede solo sporadici elementi visivi, concentrando il pathos sull&rsquo;intrinseca molteplicit&agrave; di significati dell&rsquo;immagine del Santo: ritornano qui in mente alcune note di Chastel nelle quali, indagando i rapporti fra pittura e scrittura nel Tasso, sottolineava come la presenza di evocazioni affettive avesse la meglio su quella di immagini concrete (Chastel, 1985, p. 195-204), quasi a confermare la preponderanza per un racconto dell&rsquo;invisibile a scapito del veduto. &Egrave; del resto proprio l&rsquo;attenzione al dinamismo interiore a dare vita ad una descrizione che situa l&rsquo;immagine in uno sviluppo temporale, acuendone di fatto la dimensione patetica ed umana. La testa martirizzata di San Giovanni da effigie diviene cos&igrave; fulcro di una narrazione<a href="#_ftn19" name="_ftnref19" title=""><span style="color:#000099;">[19]</span></a>.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">La battaglia portata avanti dal Tasso per sottolineare la dimensione narrativa dell&rsquo;<em>&egrave;kphrasis&nbsp;</em>pu&ograve; d&rsquo;altra parte risultare in qualche modo anacronistica se pensiamo ad una figura come quella dell&rsquo;Aretino, il quale diede per la prima volta forma &laquo;&nbsp;organica&nbsp;&raquo; e &laquo;&nbsp;militante&nbsp;&raquo;<a href="#_ftn20" name="_ftnref20" title=""><span style="color:#000099;">[20]</span></a>&nbsp;a questo genere letterario. Se confrontiamo le&nbsp;<em>ekphr&aacute;seis&nbsp;</em>dell&rsquo;autore con le opere d&rsquo;arte da esse descritte non possiamo non notare una costante eccedenza verbale che spinge la descrizione del dipinto verso una vera e propria produzione letteraria&nbsp;<em>ex novo</em><a href="#_ftn21" name="_ftnref21" title=""><span style="color:#000099;">[21]</span></a>. Tale creazione si fonda sovente sull&rsquo;amplificazione dell&rsquo;aspetto emozionale dei personaggi rappresentati, un procedimento che risulta, anche in questo caso, particolarmente efficace nel trattare i soggetti sacri. Da sapientissimo narratore qual &egrave; (come gi&agrave; sapeva il Vasari)<a href="#_ftn22" name="_ftnref22" title=""><span style="color:#000099;">[22]</span></a>, l&rsquo;Aretino riesce infatti nel complesso compito di umanizzare sacralizzando e di sacralizzare umanizzando, come testimoniano le descrizioni dell&rsquo;Angelo Gabriele e del Salvatore relative a due opere di Tiziano, un&rsquo;<em>Annunciazione&nbsp;</em>(oggi perduta) e il&nbsp;<em>Cristo deriso</em>. Nel primo caso<a href="#_ftn23" name="_ftnref23" title=""><span style="color:#000099;">[23]</span></a>&nbsp;possiamo leggere:</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">[Un] lume folgorante [&hellip;] esce da i raggi del Paradiso, da cui vengono gli angeli adagiati con diverse attitudini in su le nuvole candide, vive, e lucenti. Lo Spirito Santo circondato da i lampi de la sua gloria, fa udire il batter de le penne, tanto simiglia la colomba di cui ha preso la forma. L&rsquo;arco celeste, che attraversa l&rsquo;aria del paese scoperto da l&rsquo;albore de l&rsquo;Aurora, &egrave; pi&ugrave; vero di quel che ci si dimostra doppo la pioggia inver la sera. Ma che dir&ograve; io di Gabriele messo divino? Egli empiendo ogni cosa di luce, e rifulgendo ne l&rsquo;albergo con nuova luce, si inchina s&iacute; dolcemente col gesto de la riverenza, che ci sforza a credere che in tal atto si appresentassi inanzi al conspetto di Maria. Egli ha la Maestade celeste nel volto, e le sue guancie tremano ne la tenerezza composta dal latte e dal sangue [&hellip;]. Cotal testa &egrave; girata da la modestia, mentre la gravit&agrave; gli abbassa soavemente gli occhi; i capegli contesti in anelli tremolanti accennano tuttavia di cadere da l&rsquo;ordine loro. [&hellip;] Il Giglio recatosi ne la sinistra mano, odora e risplende con inusitato candore. In somma par che la bocca, che form&ograve; il saluto che ci fu salute, esprima in note Angeliche &ldquo;Ave&rdquo; (Aretino, I, 1997, p. 316-317).</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">La descrizione &egrave; interamente attraversata da una dimensione al tempo stesso celeste e terrena che si annuncia gi&agrave; nella forma del paesaggio, la cui pura luce si materializza in forme pi&ugrave; mondane: lo Spirito Santo che si incarna in una colomba cos&igrave; realistica da far intendere lo sbattere delle sue ali (elemento, quest&rsquo;ultimo, che pu&ograve; essere osservato nel dipinto solo quando &egrave; messo in rilievo dalla parola); la luminosit&agrave; dell&rsquo;arcobaleno che non rassomiglia ad una landa metafisica ma al paesaggio dopo la pioggia, senza tuttavia togliere mistero alla scena<a href="#_ftn24" name="_ftnref24" title=""><span style="color:#000099;">[24]</span></a>. In questo contesto fa la sua apparizione l&rsquo;Angelo, la cui umanit&agrave; &egrave; tanto pi&ugrave; emotivamente rilevante per il fatto di aprirsi, come una faglia, all&rsquo;interno di una sacralit&agrave; compatta. In continuit&agrave; con lo sfondo, anche Gabriele appare come una pura forma luminosa, che&nbsp;<em>rifulgendo</em>&nbsp;crea luce nuova. Eppure, &egrave; anch&rsquo;esso immediatamente attraversato da una profonda umanit&agrave;, da quel gesto di sottomissione e riverenza al cospetto della Vergine che trasmuta il racconto religioso in testimonianza concreta, atto di fede (&laquo;&nbsp;ci sforza a credere che in tal atto si appresentassi [&hellip;]&nbsp;&raquo;). L&rsquo;aria maestosa del volto &egrave; umanizzata dal tremore dell&rsquo;incarnato e dall&rsquo;umilt&agrave; dell&rsquo;espressione dello sguardo. Ma il vero<em>&nbsp;punctum</em>&nbsp;&egrave; il dettaglio che l&rsquo;Aretino d&agrave; rispetto alla chioma dell&rsquo;angelo (&laquo;&nbsp;i capegli contesti in anelli tremolanti accennano tuttavia di cadere da l&rsquo;ordine loro&nbsp;&raquo;), un aspetto che assume una connotazione prettamente emozionale grazie alla fine interpretazione dell&rsquo;autore, che nota nei capelli una manifestazione supplementare dei moti dell&rsquo;animo di Gabriele, pronti come sono a soccombere, sciogliendosi dai loro stessi ricci, davanti all&rsquo;impatto emotivo dell&rsquo;evento<a href="#_ftn25" name="_ftnref25" title=""><span style="color:#000099;">[25]</span></a>. Come se non bastasse, ci viene detto che la chioma<em>&nbsp;accenna&nbsp;</em>a disfarsi: ancora una volta la liquidit&agrave; della parola pone la cristallizzazione pittorica in una dimensione&nbsp;<em>in fieri</em>, in cui l&rsquo;Arcangelo &egrave;&nbsp;<em>sul punto</em> di&nbsp;lasciarsi andare al tremore. L&rsquo;enfasi data alla timidezza e all&rsquo;incertezza dell&rsquo;Annunciatore ha inoltre la funzione di creare una&nbsp;<em>climax</em>&nbsp;rispetto a quello che era verosimilmente l&rsquo;altro centro focale dell&rsquo;opera descritta dall&rsquo;Aretino, l&rsquo;umano timore della vergine all&rsquo;annuncio della prossima maternit&agrave;<a href="#_ftn26" name="_ftnref26" title=""><span style="color:#000099;">[26]</span></a>. Non si tratta qui semplicemente di mettere in luce la sapiente resa naturalistica del pittore<a href="#_ftn27" name="_ftnref27" title=""><span style="color:#000099;">[27]</span></a>, ma di far nascere dall&rsquo;opera d&rsquo;arte un&rsquo;opera letteraria tutta centrata sull&rsquo;interiorit&agrave; mobile delle figure. Per parafrasare il commento alla poetica aristotelica di Castelvetro, ove l&rsquo;autore sottolinea come il genio del poeta non si illustri quando narra &laquo;&nbsp;cosa certa e conosciuta&nbsp;&raquo;, ma quando descrive &laquo;&nbsp;cosa incerta n&eacute; conosciuta in ispezialit&agrave;&nbsp;&raquo; (Castelvetro [1576], in Barocchi 1971, tomo III, p. 2712-2714), &egrave; nella messa in rilievo delle ignote intermittenze interiori di ieratici personaggi sacri, nel tratto emotivo che scuote, per mezzo della scrittura, la certezza compositiva fissata dalla forma pittorica che l&rsquo;Aretino realizza pienamente le sue abilit&agrave; narrative. Lo stesso talento descrittivo si manifesta nell&rsquo;<em>&egrave;kphrasis</em>&nbsp;contenuta in una lettera pi&ugrave; tarda (risalente al gennaio del 1548) che l&rsquo;Aretino indirizza sempre a Tiziano, ove elogia il suo&nbsp;<em>Cristo deriso</em>:</span></span></p> <p style="text-align: justify; margin-left: 40px;"><span style="font-size:16px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Di spine &egrave; la corona che lo trafigge, et &egrave; sangue il sangue che le lor punte gli fanno versare; n&eacute; altrimenti il flagello pu&ograve; enfiare e far livide le carni, che se l&rsquo;abbia fatte livide et enfiate il pennello vostro divino ne le immortali membra de la divota imagine. Il dolore in cui si ristringe la di Ges&uacute; figura, commove a pentirsi qualunche Cristianamente gli mira le braccia recise da la corda che gli lega le mani; impara a essere umile chi contempla l&rsquo;atto miserrimo da la canna la quale sostiene in la destra; n&eacute; ardisce di tenere in s&eacute; punto di odio e rancore, colui che scorge la pacifica grazia che in la sembianza dimostra. Talch&eacute; il luogo u&rsquo; dormo non par pi&ugrave; camera signorile e mondana, ma tempio sacro e di Dio (Aretino, IV, 2000, p. 200-201).</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Non si pu&ograve; non notare un artificio meta-letterario, volto a mettere in luce il dolore del Cristo: nel descrivere come le pennellate di Tiziano si siano trasmutate in una sorta di flagello, tant&rsquo;&egrave; realistica l&rsquo;opera, l&rsquo;Aretino usa uno stile affilato e realistico, ove la scrittura acuisce, attraverso la vividezza delle espressioni (&laquo;&nbsp;&egrave; sangue il sangue&nbsp;&raquo;) la verosimiglianza della scena dipinta. Se, in una concezione neoplatonica dell&rsquo;arte, &egrave; la potenza visiva delle immagini a spingere gli osservatori alla devozione (Cacciari, 2019, p. 29-31), qui &egrave; la sottilit&agrave; dell&rsquo;interpretazione letteraria a dare alla scena narrata quella medesima forza icastica. Anche in questo caso, infatti, vi &egrave; nel ritratto psicologico della figura l&rsquo;ambiguit&agrave; data dall&rsquo;accumulo di plurimi stati esistenziali e temporali, in cui il Cristo &egrave; al tempo stesso morente (la corona<em>&nbsp;lo trafigge</em>), morto (la braccia sono ormai&nbsp;<em>recise</em>) e risorto nella sua sempiterna&nbsp;<em>pacifica grazia</em>. Il potere quasi prodigioso dell&rsquo;immagine che l&rsquo;Aretino convoca nella conclusione del testo, secondo cui il dipinto di Tiziano sarebbe in grado di trasformare la stanza in cui si trova nel tempio stesso di Dio, fa s&igrave; che il pathos emozionale dell&rsquo;opera d&rsquo;arte si allarghi sino a contaminare lo spazio al di l&agrave; dei limiti della cornice. &Egrave; forse questa la perfetta illustrazione di come l&rsquo;<em>&egrave;kphrasis </em>dispieghi progressivamente l&rsquo;invisibilit&agrave; plurivoca dei sentimenti umani<a href="#_ftn28" name="_ftnref28" title=""><span style="color:#000099;">[28]</span></a>&nbsp;che la pittura pu&ograve; dare solo in un sol tempo.&nbsp;</span></span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> <p style="text-align: justify;"><strong><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">BIBLIOGRAFIA</span></span></strong></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Alberti&nbsp;Leon Battista, 2004,&nbsp;<em>La peinture</em>, texte latin, traduction fran&ccedil;aise, version italienne, &eacute;dition de T. Golsenne et B. Pr&eacute;vost, revue par Y. Hersant, Paris, Seuil.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Alpers&nbsp;Svetlana, 1984,&nbsp;<em>Arte del descrivere: scienza e pittura nel Seicento olandese</em>, Torino, Bollati Boringhieri.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Arasse&nbsp;Daniel, T&ouml;nnesmann&nbsp;Andreas, 1997,&nbsp;<em>La Renaissance mani&eacute;riste</em>, &laquo;&nbsp;L&rsquo;univers des formes&nbsp;&raquo;, Paris, Gallimard.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Ardissino&nbsp;Erminia, 2003, &laquo; Il pensiero e la cultura religiosa di Torquato Tasso. Rassegna e discussione su un quinquennio di studi (1998-2002)&nbsp;&raquo;,&nbsp;<em>Lettere Italiane</em>, vol. 55, n. 4, p. 591-614.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Aretino&nbsp;Pietro, 1997-2002, <em>Lettere</em>, VI vol., a cura di P. Procaccioli, Roma, Salerno.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Armenini&nbsp;Giovan Battista,&nbsp;<em>De&rsquo; veri precetti della pittura</em>,&nbsp;[1586], in Barocchi&nbsp;Paola, [a cura di], 1971,&nbsp;<em>Scritti d&rsquo;arte del Cinquecento</em>, tomo III, Milano-Napoli, Ricciardi, p. 2530-2546.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Batkin&nbsp;Leonid M., 1992,&nbsp;<em>L&rsquo;idea di individualit&agrave; nel Rinascimento italiano</em>, Roma-Bari, Laterza.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Cacciari&nbsp;Massimo, 2019,&nbsp;<em>La mente inquieta. Saggio sull&rsquo;umanesimo</em>, Torino, Einaudi.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Castelvetro Ludovico,&nbsp;<em>Poetica d&rsquo;Aristotele volgarizzata e sposta per Ludovico Castelvetro</em>, [1576], in Barocchi&nbsp;Paola, [a cura di], 1971,&nbsp;<em>Scritti d&rsquo;arte del Cinquecento</em>, tomo III, Milano-Napoli, Ricciardi, p. 2712-2714.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Chastel&nbsp;Andr&eacute;, 1985, &laquo;&nbsp;Gli artisti del Tasso&nbsp;&raquo;, in Buzzoni, Andrea, [a cura di],&nbsp;<em>Torquato Tasso tra Letteratura</em>, Musica, Teatro, Arti figurative, Bologna, Nuova Alfa Editoriale, p. 195-204.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Comanini&nbsp;Gregorio, [1591],&nbsp;<em>Il Figino, overo del fine della pittura</em>&hellip;, in Barocchi&nbsp;Paola, [a cura di], 1971,&nbsp;<em>Scritti d&rsquo;arte del Cinquecento</em>, tomo I, Milano-Napoli, Ricciardi, p. 388-454.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Dal Cengio&nbsp;Martina, 2019, &laquo;&nbsp;&ldquo;Imagini in pietra&rdquo;. La parola lirica di fronte allo sguardo pietrificato&nbsp;&raquo;, in&nbsp;<em>Parola all&rsquo;immagine. Esperienza dell&rsquo;ecfrasi da Petrarca a Marino</em>, a cura di Andrea Torre, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, p. 139-158.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Equicola&nbsp;Mario, [1541],&nbsp;<em>Discorso della pittura</em>, in Barocchi&nbsp;Paola, [a cura di], 1971,&nbsp;<em>Scritti d&rsquo;arte del Cinquecento</em>, tomo I, Milano-Napoli, Ricciardi, p. 259-260.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Flora&nbsp;Francesco, 1976, &quot;Introduzione&quot;, in Tasso&nbsp;Torquato,&nbsp;<em>Aminta e Rime</em>, tomo secondo, Torino, Einaudi, p. 367-403.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Genovese&nbsp;Gianluca, 2019, &laquo;&nbsp;Pietro Aretino e il sistema delle arti&nbsp;&raquo;, in Gianluca Genovese e Andrea Torre, [a cura di],&nbsp;<em>Letteratura e arti visive nel Rinascimento</em>, Roma, Carocci Editore, p. 211-234.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Gombrich&nbsp;Ernst H., 1987,&nbsp;<em>Antichi maestri, nuove letture. Studi sull&rsquo;arte del Rinascimento</em>, Torino, Einaudi.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Hollander&nbsp;John, 1988, &laquo;&nbsp;The Poetics of Ekphrasis&nbsp;&raquo;,&nbsp;<em>World &amp; Image</em>, 4, I, p. 209-219.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Kristeller&nbsp;Paul Oskar, 1998,&nbsp;<em>Il pensiero e le arti nel Rinascimento</em>, Roma, Donzelli.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Land&nbsp;Norman E., 1986,&nbsp;&laquo;&nbsp;Ekphrasis&nbsp;and Imagination: Some Observations on Pietro Aretino&rsquo;s Art Criticism&nbsp;&raquo;,&nbsp;<em>The Art Bulletin</em>, vol. 68, n. 2, p. 207-217.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Laurenza&nbsp;Domenico, 2006, &laquo;&nbsp;Il movimento agente universale&nbsp;&raquo;, in Galluzzi, Paolo [a cura di],&nbsp;<em>La mente di Leonardo. Nel laboratorio del Genio Universale</em>, Firenze, Giunti.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Maffei&nbsp;Sonia, 2015, &laquo;&nbsp;I limiti dell&rsquo;Ekphrasis: quando i testi originano immagini&nbsp;&raquo;,&nbsp;<em>Studi di Memofonte</em>, n. 15, p. 120-133.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Manieri&nbsp;Alessandra, 1998,&nbsp;<em>L&rsquo;immagine poetica nella teoria degli antichi. Phantasia ed enargeia</em>, Pisa-Roma, Istituti editoriali e poligrafici internazionali.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Mazzoni&nbsp;Guido, 2005,&nbsp;<em>Sulla poesia moderna</em>, Bologna, Il Mulino.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Morando&nbsp;Simona, 2016, &laquo;&nbsp;Poesia, vox clamantis et picta, lettura di&nbsp;Rime, 1655&nbsp;&raquo;, in&nbsp;&nbsp;Corradini, Marco, Ghidini, Ottavio,&nbsp;<em>Senza te son nulla.&nbsp;Studi sulla poesia sacra di Torquato Tasso</em>, Roma, Edizioni Storia e Letteratura, p. 19-36.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Morani&nbsp;Aurelio,&nbsp;[1539],&nbsp;<em>Stanze sopra le Statue di Laocoonte, di Venere e d&rsquo;Apollo</em>, citato da&nbsp;Torre&nbsp;Andrea, 2017, &laquo;&nbsp;Un lettore creativo di Petrarca nel Cinquecento&nbsp;&raquo;, in Ellero, Maria P.,&nbsp;et al.&nbsp;[a cura di],<em>&nbsp;Il dialogo creativo. Studi per Lina Bolzoni</em>, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, p. 433-448.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Motolese&nbsp;Matteo, 2012,&nbsp;<em>Italiano lingua delle arti. Un&rsquo;avventura europea (1250-1650)</em>,&nbsp;Bologna, Il Mulino.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Sciascia&nbsp;Leonardo, 1967, &laquo;&nbsp;L&rsquo;ordine delle somiglianze&nbsp;&raquo;, in&nbsp;<em>L&rsquo;opera completa di Antonello da Messina</em>, apparati critici e filologici di G. Mandel, Milano, Rizzoli.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Settis&nbsp;Salvatore [a cura di], 1999,&nbsp;<em>Laocoonte. Fama e stile</em>, Roma, Donzelli.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Speroni Sperone,&nbsp;<em>Dialogo della Rhetorica</em>, [1596], in Barocchi&nbsp;Paola, [a cura di], 1971,<em>&nbsp;Scritti d&rsquo;arte del Cinquecento</em>, tomo I, Milano-Napoli, Ricciardi, p. 261-262.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Stimato&nbsp;Gerarda, 2009, &laquo;&nbsp;Da Pietro Aretino a Giorgio Vasari: contagio epistolare come prima palestra di stile&nbsp;&raquo;,&nbsp;<em>Italianistica</em>, n.2, p. 239-250.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Tasso&nbsp;Torquato, 1994,<em>&nbsp;Rime</em>, vol. II, a cura di Bruno Basile, Roma, Salerno.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Tasso&nbsp;Torquato, 1959,&nbsp;<em>Prose,</em>&nbsp;a cura di Ettore Mazzali,&nbsp;Milano-Napoli, Ricciardi.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Varchi&nbsp;Benedetto, [1547]&nbsp;<em>Lezzione&hellip; della maggioranza delle arti</em>, in Barocchi&nbsp;Paola, [a cura di], 1971,&nbsp;<em>Scritti d&rsquo;arte del Cinquecento</em>, tomo I, Milano-Napoli, Ricciardi, p. 263-269.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Webb&nbsp;Ruth, 1999, &laquo;&nbsp;Ekphrasis Ancient and Modern: The Invention of a Genre&nbsp;&raquo;,&nbsp;<em>World &amp; Image</em>, 15, p. 7-18.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">[da] Vinci&nbsp;Leonardo, 2019,&nbsp;<em>Libro di pittura</em>, a cura di Maria Teresa Fiorio, Milano, Abscondita.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">[da] Vinci&nbsp;Leonardo, 2007,&nbsp;<em>Manoscritto A</em>, in&nbsp;<em>e-Leo: Archivio digitale di storia della tecnica e della scienza</em>, Biblioteca Leonardiana di Vinci.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Zanker&nbsp;Graham, 2003, &laquo;&nbsp;New Light on the Literary Category of &lsquo;Ekphrastic Epigram&rsquo; in Antiquity&nbsp;&raquo;,<em>&nbsp;ZPE</em>, 143, p. 59-62.</span></span></p> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;">Zipoli&nbsp;Luca, 2019, &laquo;&nbsp;&ldquo;S&rsquo;a gli occhi credi&rdquo;. Il giardino di Armida nelle edizioni illustrate della&nbsp;<em>Gerusalemme Liberata</em>&nbsp;&raquo;, in&nbsp;<em>Parola all&rsquo;immagine. Esperienza dell&rsquo;ecfrasi da Petrarca a Marino</em>, a cura di Andrea Torre, Lucca, Maria Pacini Fazzi Editore, p. 103-122.&nbsp;</span></span></p> <p style="text-align: justify;">&nbsp;</p> <div> <hr size="1" /> <div id="ftn1"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref1" name="_ftn1" title=""><span style="color:#000099;">[1]</span></a>&nbsp;Elena Paroli,&nbsp;post-doctorante, Labex Comod - Universit&eacute; de Lyon, E-mail de contact:&nbsp;<a href="mailto:elena.paroli@ens-lyon.fr" target="_blank">elena.paroli@ens-lyon.fr</a></span></span></p> </div> <div id="ftn2"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref2" name="_ftn2" title=""><span style="color:#000099;">[2]</span></a>&nbsp;&laquo;&nbsp;Voglio che i giovani, quali ora nuovi si danno a dipingere, cos&igrave; facciano quanto veggo di chi si impara a scrivere. Questi in prima separato insegnano tutte le forme delle lettere, [&hellip;] poi insegnano le sillabe; poi appresso insegnano comporre tutte le dizioni&nbsp;&raquo;&nbsp;(Leon Battista Alberti, 2004, p. 262).</span></span></p> </div> <div id="ftn3"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref3" name="_ftn3" title=""><span style="color:#000099;">[3]</span></a>&nbsp;Emblematico, a questo proposito, il capovolgimento che si opera nel paragone fra pittura e poesia tra primo e tardo Rinascimento: se negli anni &lsquo;30 del &lsquo;400 Alberti si sforza di rassomigliare la pittura alla scrittura (vedi nota 1), sul finire del Cinquecento, nel&nbsp;<em>Dialogo della retorica&nbsp;</em>di&nbsp;&nbsp;Sperone Speroni, &egrave;&nbsp;&nbsp;la formulazione del discorso ad essere comparata alla rappresentazione pittorica:&nbsp;&laquo;&nbsp;Diremo adunque che le parole nascono al mondo dalla bocca del volgo, come i colori dall&rsquo;erbe; ma il grammatico, dell&rsquo;orator famigliare, quasi fante di dipintore, quelle acconcia e polisce [&hellip;]&nbsp;&raquo;&nbsp;(Speroni Sperone, [1596] in Barocchi,1971, tomo I, p. 261).</span></span></p> </div> <div id="ftn4"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref4" name="_ftn4" title=""><span style="color:#000099;">[4]</span></a>&nbsp;La pittura &laquo;&nbsp;ti si dimostra&nbsp;<em>in vita</em>&nbsp;quel che in fatto &egrave; una sola superfizie&nbsp;&raquo;; (Leonardo da Vinci, 2019, p. 63. Corsivi nostri).</span></span></p> </div> <div id="ftn5"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref5" name="_ftn5" title=""><span style="color:#000099;">[5]</span></a>&nbsp;Vedasi, a guisa di esempio, il commento dell&rsquo;Aretino al&nbsp;<em>San Giovanni Battista</em>&nbsp;di Tiziano:&nbsp;&laquo;&nbsp;Del cremisi de la veste, e del cerviero de la fodera, non parlo, perch&eacute;, al paragone, il vero cremisi, e il vero cerviero, son dipinti, et essi son vivi&nbsp;&raquo;; (Aretino,&nbsp;<em>Lettere</em>, I, 1997, p. 82).</span></span></p> </div> <div id="ftn6"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref6" name="_ftn6" title=""><span style="color:#000099;">[6]</span></a>&nbsp;Secondo la celebre formula di Simonide di Ceo riportata da Plutarco (<em>De Gloria Athenensium</em>, 3,346f-347a) e ripresa, fra altri, da Leonardo:&nbsp;&laquo;&nbsp;E se tu dici che la pittura &egrave; una poesia muta per s&eacute;, se non v&rsquo;&egrave; chi dica o parli per lei quello che la rappresenta, o non t&rsquo;avedi tu che &lsquo;l tuo libro si trova in peggiore grado perch&eacute;, ancora che egli abbia un omo che parli per lui, non si vede niente della cosa di che si parla [&hellip;]&nbsp;&raquo;; (Leonardo da Vinci, 2019, p. 51). Si noti poi come il concetto di &ldquo;cecit&agrave;&rdquo; della poesia abbia assunto un carattere ambiguo sin dall&rsquo;Antichit&agrave;; Virgilio, introducendo l&rsquo;&egrave;kphrasis&nbsp;dello scudo di Enea &ndash; una descrizione che consta di un centinaio di versi! &ndash; definisce l&rsquo;oggetto in questione come &laquo;&nbsp;non enarrabile&nbsp;&raquo; (Aen.&nbsp;VIII, 626-731).</span></span></p> </div> <div id="ftn7"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref7" name="_ftn7" title=""><span style="color:#000099;">[7]</span></a>&nbsp;Nel&nbsp;<em>De pictura</em>&nbsp;Alberti sottolinea la necessit&agrave; di una rappresentazione pittorica capace di commuovere lo spettatore; da cui, l&rsquo;attenzione per la riproduzione dei &ldquo;moti dell&rsquo;animo&rdquo; delle figure dipinte: &laquo;&nbsp;Poi mover&agrave; l&rsquo;istoria l&rsquo;animo quando gli uomini ivi dipinti molto porgeranno suo proprio movimento d&rsquo;animo&nbsp;&raquo; (Libro II, cap. 41). Leonardo riprender&agrave; pienamente tale attenzione empatica, al punto di attribuire alla pittura un valore filosofico anche in virt&ugrave; della sua capacit&agrave; a cogliere l&rsquo;interiorit&agrave; delle figure, definite come &laquo;&nbsp;veramente compassionevoli&nbsp;&raquo;;&nbsp;<em>Manoscritto</em> A, f. 5r&nbsp;(secondo la foliazione proposta dal sito&nbsp;<em>e-Leo</em>&nbsp;della Biblioteca Vinciana).&nbsp;</span></span></p> </div> <div id="ftn8"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref8" name="_ftn8" title=""><span style="color:#000099;">[8]</span></a>&nbsp;Si noti come questo argomento sia stato usato a sua volta dagli stessi pittori per vincere <em>il&nbsp;paragone&nbsp;</em>con la scultura, rea di trovare nella materia di cui &egrave; fatta tutta una serie di &ldquo;invenzioni&rdquo; gi&agrave; pronte&nbsp;:&nbsp;&nbsp;&laquo;&nbsp;La scoltura con poca fatica mostra quel ch&rsquo;ell&rsquo;&egrave;; la pittura pare cosa miraculosa a fare parere palpabile le cose impalpabile, rilevate le cose piane, lontane le cose vicine. In effetto la pittura &egrave; [o]rnata d&rsquo;infinite speculazione che la scultura non le adopera&nbsp;&raquo;; (Leonardo da Vinci,&nbsp;<em>ibid</em>.,&nbsp;f. 104r).</span></span></p> </div> <div id="ftn9"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref9" name="_ftn9" title=""><span style="color:#000099;">[9]</span></a>&nbsp;Vedasi le considerazioni dell&rsquo;Armenini rispetto al concetto di &laquo;&nbsp;invenzione&nbsp;&raquo; pittorica, concepita come una diligente rielaborazione delle cose attentamente lette nei testi sacri: &laquo; [&hellip;] prima ciascun ben consideri con la mente e con l&rsquo;animo, udito o letto ch&rsquo;egli avr&agrave; il trattato di quella materia, cio&egrave; che cosa sia quella che egli ha in animo di rappresentare a punto, e qual sia l&rsquo;effetto pi&ugrave; vero, pi&ugrave; proprio e pi&ugrave; atto a esprimere,&nbsp;<em>secondo che n&rsquo;addita il discorso et il lume della scrittura predetta</em>&nbsp;[&hellip;]&nbsp;&raquo;;(Giovan Battista Armenini, [1586], in Barocchi, 1971, tomo III, p. 2532).</span></span></p> </div> <div id="ftn10"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref10" name="_ftn10" title=""><span style="color:#000099;">[10]</span></a>&nbsp;Per riprendere Batkin, il culto dell&rsquo;individualit&agrave; fa s&igrave; che si debba &laquo;&nbsp;rendere l&rsquo;imitazione inimitabile&nbsp;&raquo;&nbsp;(Batkin, 1992, p. 48).</span></span></p> </div> <div id="ftn11"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref11" name="_ftn11" title=""><span style="color:#000099;">[11]</span></a><span style="color:#000099;">&nbsp;</span>Per uno sguardo pi&ugrave; generale sulla descrizione del Laocoonte nel tardo rinascimento rinviamo a Sonia Maffei,&nbsp;<em>La fama di Laocoonte nei testi del Cinquecento</em>, in&nbsp;<em>Laocoonte. Fama e stile</em>, a cura di Salvatore Settis, Donzelli, Roma, 1999, in cui si evocano anche i versi del Morani (p. 138-140).</span></span></p> </div> <div id="ftn12"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref12" name="_ftn12" title=""><span style="color:#000099;">[12]</span></a>&nbsp;&laquo;&nbsp;Lasciando uscire ho mai dal fianco aperto / Il suon de i lunghi e gravi suoi sospiri&nbsp;&raquo; (st. 134, vv. 3-4); (citato da Torre, 2017, p. 445).</span></span></p> </div> <div id="ftn13"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref13" name="_ftn13" title=""><span style="color:#000099;">[13]</span></a>&nbsp;<em>Ibid</em>., p. 448.</span></span></p> </div> <div id="ftn14"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref14" name="_ftn14" title=""><span style="color:#000099;">[14]</span></a>&nbsp;Sullo sviluppo ecfrastico del rapporto fra scultura e pietrificazione dell&rsquo;osservatore si veda Dal Cengio, 2019. Si noti altres&igrave; come l&rsquo;autore sottolinei il valore ricorrente di tale tema nel Rinascimento:&nbsp;&laquo;&nbsp;Si dica intanto che il&nbsp;topos&nbsp;dell&rsquo;animazione di una scultura, o viceversa della pietrificazione di un vivente [&hellip;] conobbe un ampio riscontro anche nella tradizione ermetica rinascimentale connessa alla circolazione dell&rsquo;Asclepius, trattato dedicato alla rianimazione delle statue &raquo;<em>&nbsp;(ibid</em>.,&nbsp;p. 143).</span></span></p> </div> <div id="ftn15"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref15" name="_ftn15" title=""><span style="color:#000099;">[15]</span></a>&nbsp;&laquo;&nbsp;La sua [<em>del pittore</em>] cura &egrave; rendere al visivo senso il vero&nbsp;&raquo;, mentre &laquo;&nbsp;Il poeta tutte le discipline brama. [&hellip;]. Per la qual cosa quanto l&rsquo;animo al corpo &egrave; superiore, quanto l&rsquo;immortalit&agrave; alla mortalit&agrave; si deve preponere, tanto la poetica la pittura d&rsquo;eccellenzia avanza&nbsp;&raquo;;&nbsp;&nbsp;Mario Equicola,&nbsp;<em>Discorso della pittura</em>, in Barocchi, 1971, tomo I, p. 260. Ancora pi&ugrave; esplicito &egrave; il Varchi, nella terza e ultima&nbsp;Lezzione&nbsp;(1547): &laquo;&nbsp;[&hellip;] i poeti imitano il di dentro principalmente, cio&egrave; i concetti e le passioni dell&rsquo;animo [&hellip;]; et i pittori imitano principalmente il di fuori, cio&egrave; i corpi e le fattezze di tutte le cose&nbsp;&raquo; (<em>ibid</em>., p. 264).</span></span></p> </div> <div id="ftn16"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref16" name="_ftn16" title=""><span style="color:#000099;">[16]</span></a>&nbsp;Una complessit&agrave; e stratificazione interiori che nemmeno la pittura manierista riuscir&agrave; a esprimere visivamente, dovendo affidarsi, come dice Arasse, ad un&nbsp;&nbsp;&laquo;&nbsp;degr&eacute; z&eacute;ro&nbsp;&raquo; della passione: &laquo;&nbsp;Le peintre doit renoncer aux &quot;mouvements du corps&quot; - suppos&eacute;s faire voir les &quot;mouvements de l&#39;&quot;&acirc;me&quot; - car, en repr&eacute;sentant dramatiquement un &quot;mouvement de l&#39;&acirc;me&quot;, le portraitiste en ferait la dominante temp&eacute;ramentale de son mod&egrave;le - ou ne choisirait qu&#39;un moment passager de sa &quot;disposition int&eacute;rieure&quot;, alors que le genre du portrait vise &agrave; convoquer la totalit&eacute; d&#39;une pr&eacute;sence dans sa figure. L&#39;expression du portrait doit &ecirc;tre&nbsp;[&hellip;]&nbsp;celle de la Tranquillit&eacute;, ce &quot;degr&eacute; z&eacute;ro&quot; de la passion&nbsp;[&hellip;], qui les contient toutes virtuellement&nbsp;&raquo; (Arasse, T&ouml;nnesmann, 1997, p. 459).</span></span></p> </div> <div id="ftn17"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref17" name="_ftn17" title=""><span style="color:#000099;">[17]</span></a>&nbsp;Ovvero pitture che si originano dalle loro descrizioni letterarie, come &egrave; il caso, nel rinascimento, per la&nbsp;Calunnia&nbsp;di Botticelli, tratta da una descrizione di Luciano e ripresa da Alberti nel&nbsp;De pictura&nbsp;(per la questione vedasi Maffei, 2015, p. 120-133).</span></span></p> </div> <div id="ftn18"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref18" name="_ftn18" title=""><span style="color:#000099;">[18]</span></a>&nbsp;&laquo;&nbsp;[&hellip;]&nbsp;l&rsquo;arte del comporre il poema sarebbe simile a la ragion de l&rsquo;universo la quale &egrave; composta de&rsquo;contrari, come la ragion musica: perch&eacute; se ella non fosse molteplice, non sarebbe tutta, n&eacute; sarebbe ragione, come dice Plotino&nbsp;&raquo;&nbsp;(Tasso,&nbsp;1959, p. 588-589).</span></span></p> </div> <div id="ftn19"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref19" name="_ftn19" title=""><span style="color:#000099;">[19]</span></a>&nbsp;Nulla di sorprendente, del resto, se ricordiamo come sia stato proprio il Tasso a rivendicare con forza il carattere narrativo e non digressivo delle&nbsp;<em>ekphr&aacute;seis&nbsp;</em>nel momento in cui dovette difendere la scelta di inserire ampie descrizioni di immagini all&rsquo;interno della&nbsp;<em>Liberata</em>&nbsp;(per il tema rimandiamo a Zipoli, 2019, p. 103-122).</span></span></p> </div> <div id="ftn20"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref20" name="_ftn20" title=""><span style="color:#000099;">[20]</span></a>&nbsp;&laquo;La critica d&rsquo;arte militante, che si concentra cio&egrave; sulle opere degli artisti contemporanei, formulando giudizi di valore che mirano a orientare il gusto dei committenti e del pubblico, trova la sua prima embrionale espressione nei sei libri delle&nbsp;Lettere&nbsp;di Pietro Aretino&nbsp;[&hellip;]&nbsp;&raquo;&nbsp;(Genovese, 2019, p. 211).</span></span></p> </div> <div id="ftn21"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref21" name="_ftn21" title=""><span style="color:#000099;">[21]</span></a>&nbsp;All&rsquo;interno dell&rsquo;ampia bibliografia dedicata al tema, ci limitiamo a citare l&rsquo;articolo di Norman E. Land, 1986, ove l&rsquo;autore sviluppa il rapporto fra&nbsp;&nbsp;&laquo;&nbsp;Imitation&nbsp;&raquo;, &laquo;&nbsp;Imaginatione&nbsp;&raquo; e &laquo;&nbsp;fantasia&nbsp;&raquo; negli scritti del Nostro.</span></span></p> </div> <div id="ftn22"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref22" name="_ftn22" title=""><span style="color:#000099;">[22]</span></a>&nbsp;In uno studio recente (Stimato, 2009, p. 239-250), sono stati analizzati gli scambi epistolari fra l&rsquo;Aretino e il Vasari, dimostrando come quest&rsquo;ultimo abbia ripreso in diverse&nbsp;&egrave;kphrasis&nbsp;delle&nbsp;<em>Vite</em>&nbsp;formule stilistiche e immagini dell&rsquo;Aretino.</span></span></p> </div> <div id="ftn23"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref23" name="_ftn23" title=""><span style="color:#000099;">[23]</span></a>&nbsp;<em>L&rsquo;&egrave;kphrasis</em>&nbsp;&egrave; tratta dalla lettera che l&rsquo;Aretino invia il 9 novembre del 1537 a Tiziano, ove descrive l&rsquo;<em>Annunciazione</em>&nbsp;che il pittore ha inviato a Isabella del Portogallo.</span></span></p> </div> <div id="ftn24"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref24" name="_ftn24" title=""><span style="color:#000099;">[24]</span></a>&nbsp;Come sottolinea Gombrich spiegando il passaggio dal simbolismo pittorico medievale al naturalismo rinascimentale: &laquo;&nbsp;La resa convincente dello spazio e della luce in innumerevoli evocazioni della Nativit&agrave;, da Beato Angelico a Rembrandt, dimostra che la crescente padronanza dei mezzi per rappresentare la natura non indebolisce necessariamente il senso del mistero e della devozione&nbsp;&raquo;&nbsp;(Gombrich,1987, p. 97-98).</span></span></p> </div> <div id="ftn25"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref25" name="_ftn25" title=""><span style="color:#000099;">[25]</span></a>&nbsp;Creando uno splendido contraltare&nbsp;<em>ante litteram</em>&nbsp;rispetto allo shakespeariano crine di Macbeth che si rizza all&rsquo;annuncio dei vaticini delle streghe, vera e propria espressione corporea del terrore e delle ambizioni del personaggio: &laquo;&nbsp;If good, why do I yield to that suggestion / Whose horrid image doth unfix my hair / And make my seated heart knock at my ribs / Against the use of nature? [&hellip;]&nbsp;&raquo;&nbsp;(Act. I, 3, vv. 147-150).</span></span></p> </div> <div id="ftn26"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref26" name="_ftn26" title=""><span style="color:#000099;">[26]</span></a>&nbsp;Come appare in un&rsquo;altra&nbsp;<em>Annunciazione&nbsp;(</em>1559-1564) di Tiziano conservata nella Chiesa del San Salvador di Venezia, in cui si osserva nella Vergine, secondo la pi&ugrave; tipica iconografia, stupore misto a paura.</span></span></p> </div> <div id="ftn27"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref27" name="_ftn27" title=""><span style="color:#000099;">[27]</span></a>&nbsp;Come far&agrave; molto pi&ugrave; tardi Sciascia commentando la dimensione sacrale e contadina dell&rsquo;<em>Annunciata di Palermo&nbsp;</em>di Antonello da Messina: &laquo;&nbsp;[&hellip;] si noti la piega della mantellina che scende al centro della fronte: che per il pittore, al momento, avr&agrave; avuto un valore soltanto compositivo, ma a noi dice di un capo conservato nella cassapanca tra gli altri del corredo, e tirato fuori nei giorni solenni, nelle feste grandi; e si noti anche l&#39;incongruenza, stupenda, della destra sospesa nel gesto ieratico (mentre &egrave; del tutto naturale al soggetto &mdash; diciamo alla donna contadina &mdash; il gesto della sinistra a chiudere i lembi della mantellina); e l&#39;altra incongruenza di quel libro aperto, sul quale si ha il dubbio che mai gli occhi della giovane donna potrebbero posarsi a cogliere le parole e il senso; e poi il mistero del sorriso e dello sguardo, in cui aleggia carnale consapevolezza e nessun rapimento, nessuno stupore [&hellip;]&nbsp;&raquo;&nbsp;(Sciascia, 1967, p. 5-7).</span></span></p> </div> <div id="ftn28"> <p style="text-align: justify;"><span style="font-size:18px;"><span style="font-family:Times New Roman,Times,serif;"><a href="applewebdata://1D2AE42F-7171-4EA3-95DA-F1D70E340A8A#_ftnref28" name="_ftn28" title=""><span style="color:#000099;">[28]</span></a>&nbsp;A rivendicare la forza icastica dei testi dell&rsquo;Aretino, vi &egrave; il celeberrimo passo in cui l&rsquo;autore descrive la vista sul Canal Grande dalla sua casa veneziana. In questo caso &egrave; la letteratura a permettere al paesaggio naturale di trasformarsi in quadro, ove la scrittura si fa visione senza pi&ugrave; necessitare il passaggio dalla pittura:&nbsp;&nbsp;&laquo;&nbsp;[...] appoggiate le braccia in sul piano de la cornice de la finestra, e sopra lui abbandonato il petto, e quasi il resto di tutta la persona [...] rivolgo gli occhi al cielo, il quale da che Iddio lo cre&ograve;, non fu mai abbellito da cos&iacute; vaga pittura di ombre, e di lumi. Onde l&rsquo;aria era tale, quale vorrebbono esprimerla coloro che hanno invidia a voi, per non poter esser voi, che vedete, nel raccontarlo io, inprima i casamenti, che bench&eacute; sien pietre vere, parevano di materia artificiata; e dipoi scorgete l&rsquo;aria ch&rsquo;io compresi in alcun luogo pura e viva; in altra parte torbida e smorta. Considerate anco la maraviglia ch&rsquo;io ebbi de i nuvoli composti d&rsquo;umidit&agrave; condensa. I quali in la principal veduta, mezzi si stavano vicini a i tetti de gli edificii, e mezzi ne la penultima. Peroch&eacute; la diritta era tutta d&rsquo;uno sfumato pendente in bigio nero. Mi stupii certo del color vario di cui essi si dimostravano. I pi&uacute; vicini ardevano con le fiamme del foco solare; e i pi&uacute; lontani rosseggiavano d&rsquo;uno ardore di minio non cos&iacute; bene acceso. O con che belle tratteggiature i pennelli naturali spingevano l&rsquo;aria in l&agrave;, discostandola da i palazzi con il modo, che la discosta il Vecellio nel far de i paesi. Appariva in certi lati un verde azurro, e in alcuni altri un azurro verde veramente composto da le bizarrie de la natura maestra de i maestri. Ella con i chiari e con gli scuri sfondava e rilevava in maniera ci&ograve; che le pareva di rilevare e di sfondare, che io, che so come il vostro pennello &egrave; spirito de i suoi spiriti, e tre e quattro volte esclamai: &ldquo;O Tiziano, dove sete mo&rsquo;?&rdquo;&nbsp;&raquo;; Pietro Aretino,&nbsp;<em>Lettere</em>, III, a cura di Paolo Procaccioli, Salerno, Roma, 1999, p. 79-80. Su questo brano vedasi il puntuale commento di G. Genovese (Genovese, 2019, p. 221).</span></span></p> </div> </div>